l’incontro a helsinki
Putin: zero interferenze nel voto Usa
Trump gli crede e scarica l’Fbi
Insorge il Congresso. A Washington l’inchiesta si allarga a «un’infiltrata dei russi» alle presidenziali
HELSINKI L’inchiesta del Super procuratore Robert Mueller «è un disastro per il nostro Paese». Vladimir Putin dirà parole simili, ma questa frase è di Donald Trump. Nella conferenza stampa al termine del vertice di Helsinki, il presidente americano è stato durissimo con l’Fbi, la «corrotta Hillary Clinton» e l’«ostruzionismo» democratico. Il Russiagate, cioè le indagini sull’ipotesi di collusione tra il Cremlino e il comitato di Trump, ha dominato, almeno sul piano della comunicazione, il primo faccia a faccia tra i capi delle due superpotenze.
Helsinki, giornalista Usa trascinato fuori da sala della conferenza stampa
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Helsinki, giornalista Usa trascinato fuori da sala della conferenza stampa
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Helsinki, giornalista Usa trascinato fuori da sala della conferenza stampa
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Helsinki, giornalista Usa trascinato fuori da sala della conferenza stampa
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Helsinki, giornalista Usa trascinato fuori da sala della conferenza stampa
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Helsinki, giornalista Usa trascinato fuori da sala della conferenza stampa
Il leader Usa ha iniziato la dichiarazione ufficiale dal tema più esplosivo: «Abbiamo parlato dell’intromissione russa nella nostra campagna elettorale. Il presidente Putin è stato molto deciso nello smentire ogni manovra». Poi un giornalista americano ha chiesto a Trump se credesse più alla versione dei servizi segreti Usa o a quella di Putin. «I miei mi dicono che è la Russia. Io ho qui il presidente Putin e lui ha appena detto che la Russia non c’entra. E io aggiungo: non vedo alcuna ragione per cui dovrebbe avrebbe dovuto farlo». E «se non è la Russia» allora Trump arriva alla conclusione: «Io neanche conoscevo Putin. Nessuna collusione». In tarda serata il leader Usa cerca di attenuare con un tweet: «Grande fiducia nel mio servizio d’intelligence».
Ma in conferenza stampa per il capo del Cremlino era stato facile chiamarsi fuori: «La Russia non ha mai interferito e non interferirà mai negli affari interni americani, compreso il processo elettorale». Putin aveva poi commentato l’atto di incriminazione firmato da Mueller a carico di 12 agenti del servizio segreto militare, cui si aggiunge, notizia di ieri, un’altra funzionaria «infiltrata» nel voto del 2016, Mariia Butina: «Mueller può mandare una richiesta di estradizione, le nostre corti la valuteranno. Dopodiché noi siamo pronti a consentire al super procuratore di venire a Mosca e interrogare gli accusati. A condizione che anche i nostri inquirenti possano farlo». Per Trump «è una proposta molto importante».
Tutto il resto dell’agenda è passato in secondo piano: anche se c’è stato un confronto su dossier cruciali come il controllo degli armamenti e la Siria. Sull’annessione della Crimea, Putin non ha concesso margini: «Abbiamo fatto il referendum, per noi la questione è chiusa». Ma a Washington l’attenzione è concentrata sul Russiagate. Per Paul Ryan, speaker repubblicano della Camera: «Non ci sono dubbi che la Russia abbia interferito nella campagna elettorale».